Il mercurio secondo la mitologia indiana è lo sperma di Shiva, «il seme della coscienza pura».
Già millenni fa sacerdoti e maghi di civiltà tanto lontane e diverse fra loro come quella maya e quella cinese, quella egizia e quella indiana, hanno cercato di trasformare i metalli di poco valore, come il piombo e il rame, in metalli preziosi, come l’argento e l’oro. Questa misteriosa arte, chiamata poi alchimia, era parte dell’eterno tentativo dell’uomo di sapere qualcosa di più su se stesso. La pretesa trasformazione materiale di un metallo in un altro era molto probabilmente un modo per celare il segreto di una trasformazione spirituale 1)↓, quella dell’anima, il cui procedimento era legato a una conoscenza esoterica accessibile solo attraverso lunghi e impegnativi processi di iniziazione. Non a caso il linguaggio in cui questa arte si esprimeva era pieno di doppi sensi. Si parlava ad esempio di «uccidere» il metallo vilio per farlo poi «rinascere» nobile come l’oro, ed era come dire: uccidere l’Io per far nascere il Sé della coscienza pura.
In Cina l’alchimia entrò a far parte della tradizione taoista, dove ovviamente la pretesa di produrre quello che veniva chiamato «l’oro dell’immortalità» mascherava un fine tutt’altro che metallurgico. In Europa l’alchimia divenne l’arte di preparare una «medicina» attraverso un misterioso mezzo, identificato poi come la pietra filosofale. Una medicina per il corpo o per l’anima? Mantenere questa ambiguità fu essenziale per i mistici medioevali, i quali evitarono di essere perseguitati dalla Chiesa per la loro ricerca di un rapporto diretto con Dio barricandosi dietro a una massa di alambicchi e mortai, e nascondendo dietro il loro lavoro apparentemente materiale di alchimisti il loro vero lavoro di ricercatori spirituali.
Tiziano Terzani „Un altro giro di giostra”
1. | ↑ | C. G. Jung |