Marco Aurelio

l’uni­ver­so sem­pre gio­va­ne Marco Aurelio

23. La na­tu­ra uni­ver­sa­le con la pro­pria so­stan­za, come con la cera, mo­del­la un ca­val­lo, poi lo fon­de e uti­liz­za la sua ma­te­ria per mo­del­la­re un al­be­ro, quin­di un uomo e così via; e cia­scu­na di que­ste fi­gu­re non dura che un istan­te, di fron­te all’eter­ni­tà. Ma, come per un for­zie­re, così per qua­lun­que cosa o es­se­re vi­ven­te non c’è nul­la di ter­ri­bi­le nel fat­to che si dis­sol­va, come non c’è nel­la sua co­stru­zio­ne.

25. Tut­te le cose che vedi sa­ran­no ben pre­sto tra­sfor­ma­te dal­la na­tu­ra uni­ver­sa­le, che dal­la loro so­stan­za ne farà na­sce­re al­tre, le qua­li a loro vol­ta si tra­sfor­me­ran­no in al­tre an­co­ra e così via, e ciò af­fin­ché l’uni­ver­so ri­man­ga sem­pre gio­va­ne.
Marco Aurelio, Pensieri, Libro settimo

Marco Aurelio due pensieri taoistici

1. La so­stan­za dell’uni­ver­so è do­ci­le e mal­lea­bi­le, e la leg­ge che la go­ver­na non ha in sé al­cu­na ra­gio­ne per fare del male, in­quan­to­ché per sua na­tu­ra è esen­te da qual­sia­si tipo di mal­va­gi­tà, dun­que non può pro­dur­re al­cun­ché di male, né vi è cosa che pos­sa ri­ce­ve­re dan­no per cau­sa sua. Tut­to pro­vie­ne da lei e si svol­ge sino al suo com­pi­men­to 1)↓.

18. Per­ché do­vrei te­me­re il cam­bia­men­to? 2)↓ Che cosa mai po­treb­be pro­dur­si sen­za di esso? Il mu­ta­men­to è pro­prio ciò che più sta a cuo­re alla na­tu­ra uni­ver­sa­le. Po­trem­mo far­ci il ba­gno cal­do sen­za che la le­gna si tra­sfor­mi in fuo­co? O nu­trir­ci, sen­za che il cibo si me­ta­bo­liz­zi? E qua­li al­tre ope­ra­zio­ni uti­li po­treb­be­ro com­pier­si sen­za il cam­bia­men­to? Non vedi, dun­que, qua­le ana­lo­gia ci sia fra il tuo mu­ta­re e quel­lo di tut­te le al­tre cose, e come anch’esso sia ne­ces­sa­rio alla na­tu­ra uni­ver­sa­le?
Marco Aurelio, Pensieri, Libro sesto [1] e settimo [18]

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1. Tao
2. taoismo – przyp. Amin

Pensieri (Ricordi, Meditazioni) Marco Aurelio

Ri­cor­da­ti che non ci è dato da vi­ve­re se non il pre­sen­te, il re­sto è vita pas­sa­ta o che deve an­co­ra ve­ni­re, e quin­di in­cer­ta e im­pre­ve­di­bi­le.

Ri­cor­da che quand’an­che po­tes­si­mo vi­ve­re tre­mi­la anni e die­ci vol­te tan­to, nes­su­no per­de al­tra vita se non quel­la che sta vi­ven­do, né può vi­ve­re al­tra vita se non quel­la che va per­den­do. Tan­to vale, dun­que, la vita più lun­ga quan­to quel­la più bre­ve, per­ché quel­lo che con­ta è il pre­sen­te 1)↓, e il pre­sen­te è ugua­le per tut­ti, quin­di an­che ciò che pe­ri­sce è ugua­le, e ciò che si per­de non è che un istan­te, del tut­to pri­vo di si­gni­fi­ca­to 2)↓. Nes­su­no, in­fat­ti, può per­de­re il pas­sa­to né il fu­tu­ro, per il sem­pli­ce fat­to che non può es­ser­ci tol­to ciò che non pos­se­dia­mo. Due sono dun­que le cose che devi sem­pre te­ne­re a men­te: la pri­ma è che tut­te le cose fin dall’eter­ni­tà sono sem­pre ugua­li e ci­cli­ca­men­te ri­tor­na­no, né fa al­cu­na dif­fe­ren­za se si ve­do­no per la du­ra­ta di cen­to anni, di due­cen­to o per tut­ta l’eter­ni­tà; la se­con­da è che per­dia­mo tut­ti nel­la stes­sa mi­su­ra, sia chi muo­re vec­chis­si­mo sia chi vive lo spa­zio di un’ora, poi­ché l’uni­ca cosa di cui pos­sia­mo es­se­re pri­va­ti, in quan­to appun­to la pos­se­dia­mo, è il mo­men­to pre­sen­te, quel­lo in cui stia­mo vi­ven­do, vi­sto che non si per­de quel­lo che non si ha.

E la mor­te, cos’è? Se la guar­di in se stes­sa e l’ana­liz­zi ra­gio­ne­vol­men­te, tut­to ciò che vi co­strui­sce so­pra l’im­ma­gi­na­zio­ne si dis­sol­ve in un fiat e la mor­te appa­re nient’al­tro che un fat­to na­tu­ra­le, e chi teme ciò che è ope­ra del­la na­tu­ra ha l’ani­mo e la men­te di un bam­bi­no.

Qual è dun­que la no­stra di­fe­sa? Uni­ca e sola, la fi­lo­so­fia.

marco-a

Chi è do­ta­to di una mag­gio­re sen­si­bi­li­tà e ha del­le cose una vi­sio­ne più pro­fon­da, an­che fra i più pic­co­li det­ta­gli con­se­guen­ti ai fe­no­me­ni stes­si tro­ve­rà sem­pre qual­co­sa di at­traen­te 3)↓
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1. Eckhart Tolle
2. Epicuro
3. Artur Schopenhauer