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Fuochi di Gange PIER PAOLO PASOLINI - FRAGMENT "ZAPACHU INDII"

Arriviamo sotto i fuochi: sono questi i roghi dei morti: tre: due alti, come in cima a una scalinata, e uno più in basso, a pochi metri dal pelo dell’acqua.
 Scendiamo dalla barca traballante, e tra le chiglie di altre barche, ci inerpichiamo tra la polvere e i calcinacci, lungo un muraglione che pare sopravvissuto a un terremoto: raggiungiamo così lo spiazzo, sopra il muraglione lungo una sordida scalinata, dove due roghi stanno bruciando.

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 Intorno ai roghi vediamo accucciati molti indiani, coi loro soliti stracci. Nessuno piange, nessuno è triste, nessuno si dà da fare per attizzare il fuoco: tutti pare aspettino soltanto che il rogo finisca, senza impazienza, senza il minimo sentimento di dolore, o pena, o curiosità. Camminiamo tra loro, che, sempre così tranquilli, gentili e indifferenti, ci lasciano passare, fino accanto al rogo. Non si distingue nulla, solo del legname ben ordinato e legato, in mezzo a cui è stretto il morto: ma tutto è ardente, e le membra non si distinguono dai piccoli tronchi. Non c’è nessun odore, se non quello, delicato, del fuoco.
 Siccome l’aria è fredda, Moravia e io ci avviciniamo istintivamente ai roghi, e, avvicinandoci, ci rendiamo presto conto di provare la piacevole sensazione di chi sta intorno a un fuoco, d’inverno, con le membra intirizzite, e goda di star lì, insieme a un gruppo di casuali amici, sui cui volti, sui cui stracci, la fiamma colora placidamente il suo laborioso agonizzare.
 Così, confortati dal tepore, sogguardiamo più da vicino quei poveri morti che bruciano senza dar fastidio a nessuno. Mai, in nessun posto, in nessun’ora, in nessun atto, di tutto il nostro soggiorno indiano, abbiamo provato un così profondo senso di comunione, di tranquillità e, quasi, di gioia.
Pier Paolo Pasolini “L’odore dell’India”