Diogene il Cane dalle "Vite e dottrine..." di Diogene Laerzio

«Mentre Platone discorreva delle Idee e usava i nomi della “tavolità” e della “tazzità”, Diogene obiettò: “Io Platone vedo sì una tavola e una tazza, ma, quanto alla “tavolità” e alla “tazzità”, non ne vedo in alcun modo”. E Platone rispose: “È logico, perché gli occhi con qui si vedono una tavola e una tazza li hai, mentre l’intelligenza con qui si contemplano l'”Idea di tavolo” e l'”Idea di tazza” non ce l’hai”. [Quando fu domandato a Platone: “che tipo di persona ti sembra Diogene?” rispose: “Un Socrate impazzito”. (…)
 Siccome Platone aveva dato questa definizione: “L’uomo è un animale bipede, sprovvisto di penne”, ed era stato approvato, Diogene allora, dopo avere spennato un gallo, lo portò nella Scuola e dichiarò: “Questo è l’uomo di Platone” Perciò alla definizione fu aggiunto anche questo requisito: “con le unghie larghe e piatte”. (…)
 Calpestando una volta i tapetti di Platone, che aveva invitato degli amici provenienti da Dionigi, spiegò: “Sto calpestando la vanagloria di Platone”; e Platone, in risposta: “Quanta boria, Diogene, lasci trapelare, pur cercando di sembrare privo di boria!” Altri, invece, dicono che Diogene abbia esclamato: “Sto calpestando la boria di Platone”, e che Platone abbia ribattuto: con un’altra boria Diogene”. (…)
 [Diogene] Una volta rimase per un po’ in piedi a prendere la pioggia e, mentre gli astanti lo compativano, Platone, che era lì presente, osservò: “Se volete compatirlo, andatevene via”, riferendosi alla sua vanagloria…»
dalle “Vite e dottrine…” di Diogene Laerzio

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